mercoledì 6 marzo 2013

Apecchio, nel riflesso



"nel riflesso"
scatto di francescaperlini


Tre sono i momenti nel viaggio dentro i paesi: quello del vivere; dell’ascolto di ciò che vivo e dello scrivere di ritorno a casa. E succede che il tempo di cottura di una torta sia d’ispirazione e mistero come per gli ingredienti nel calore a 180 gradi e che i dettagli, già memoria, si mescolino all’odore del sempre più cotto e gonfio dolce. E’ ciò che proviene a divenire parola e significato dell’incontro con Apecchio. Risalita la SP 257, attraversando i fianchi della storia geologica di fondali marini stratificati e riemersi, giungo ad Apecchio in una giornata umida e tiepida di marzo. Mi accompagna mia figlia che sta attraversando l’onda lunga dell’adolescenza come le rocce appena lasciate. Son movimenti tellurici dell’esistenza il tentativo di uscire fuori da spinte laceranti e sotterranee. Crescere somiglia ad un’espulsione, come quando nacque dal mio corpo.
Camminiamo silenziose tra i vicoli e nuovo è il riflesso di guardare il paese attraverso i suoi movimenti.
Sarà per questo che anche i muri di pietra mi paiono morbidi e lenitivi?
Come se lo sguardo di questa giovanissima donna lenisse toccando la durezza del vivere in un paese di montagna, interno e solo come una donna in strada ci dice.
Quasi scivoliamo tra le vie e le salite verso il paese alto con la stessa fluidità delle acque del Biscubio. Forse Apecchio ha nell’anima qualcosa di terapeutico, quanto un balsamo su ferite brucianti e manifeste sono sia le ferite che i rimedi. Perché nascondere?

                                                                                                             (continua)


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