giovedì 26 gennaio 2012

Montemontanaro dentro


Montemontanaro dentro
(foto di Francesca Perlini)


Si può andare nei luoghi o entrarci, la desolazione stessa dei paesi crea una duplice reazione, ci si allontana o ci si avvicina. Chi s’avvicinasse incontrerà l’umore del luogo, potrà entrare come ogni costruzione di un amore.
Non ho una regione che abita i miei racconti, neppure un’adeguata  mappatura  della provincia di Pesaro e Urbino, ho un mucchietto di piccolissimi paesi a non più di quaranta chilometri dal mio, neanche un respiro intero, un soffio, una bava appena increspata d’aria mossa dal mio viaggio.
E’ nel piccolo, piccolissimo, nella cellula base della molecola dell’incontro che m’insinuo a cercare il senso delle cose, ad ascoltare il discorso della terra, la terra parla e nei paesi la si può ancora sentire. Nei paesi il discorso s’allarga, s’arricchisce, si dispera e si disperde, basta entrare e attendere il momento in cui terra e paese come due vecchi sposi arresi cominceranno a raccontare la loro storia.
Percorsa via Tirugino, appoggiata al parapetto delle mura, come voci sussurrate incontro Montemontanaro.
Il paesaggio di ripide vitali colline fa da controcanto alla coppia narrante, e le voci di donne, i muri battuti di muratori che abbattono per costruire, la campana che rintocca il quarto, son suoni sintonici, i due direttori, il paese e la terra, sono tenuti in salute dalla loro stessa vita. Camminando ancora, via Piave, via Mazzini, un cane e due gatti, due fontanelle a cui apro il rubinetto, come prova schiacciante che qui l’acqua scorre ancora come il sangue di chi non è morto,  ed una via così stretta da esser più un errore di costruzione tra due case che una volontà di passaggio.  Mi si mette addosso una strana sensazione di felicità, ho quasi voglia di giocare, per strada, per terra, a nascondermi dietro un uscio aperto o spiaccicata a diventar intonaco dell’angolo di casa da cui sbircio se arriva chi conta e correr più veloce a fregarlo e far tana libera tutti e prendermi tutta la gloria di aver salvato dall’onta della conta il primo scoperto che a nascondino, il contrario di tutto, è l’ultimo, il lento, il perdente.


                                                                     breve stralcio del racconto "Montemontanaro dentro"



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